L’assalto ai portavalori in Toscana, la banda ha dimenticato una pistola: IL PUNTO SULLE INDAGINI
Ritrovata in una delle auto utilizzate per la fuga. L’ipotesi: il gruppo sardo aiutato da un basista del posto
San Vincenzo La banda che ha assaltato i portavalori in Toscana aveva organizzato tutto nei minimi dettagli ma aveva fretta. In una delle auto recuperate dai carabinieri, la Volvo blu abbandonata nel bosco di Sasso Pisano, è stata trovata una pistola. Forse i banditi l’hanno dimenticata nella concitazione del momento, quando hanno lasciato in fretta l’auto salendo in una macchina pulita per raggiungere nel minor tempo possibile un luogo sicuro. La pistola è un dettaglio, una pista possibile. Uno dei tanti dettagli che gli inquirenti stanno analizzando in queste ore intense, a pochi giorni dall’assalto ai portavalori che, venerdì 28 marzo, ha trasformato la variante in un teatro di guerra, con il commando organizzato composto da una decina di uomini armati di kalashnikov che ha assaltato due portavalori, per un bottino di circa 3 milioni di euro.
La banda sarda Che quello di venerdì fosse un colpo organizzato da tempo, messo in scena da professionisti, è chiaro. Armi da guerra, esplosivo usato per aprire il portavalori senza danneggiare i contanti, utilizzo di mezzi rubati (due furgoni e tre auto), nessun ferito e movimenti curati in ogni dettaglio per ridurre al minimo il tempo di esposizione del commando (l’assalto sarebbe durato meno di dieci minuti). Così come è chiaro come la dinamica ricordi assalti simili messi a segno, anche in tempi recenti, da gruppi di criminali sardi. «Tutti ci siamo? Ajo! Andiamo». La frase pronunciata con accento sardo, registrato in uno dei video ripresi dai cittadini – forse l’imprevisto che i malviventi non avevano calcolato – ha indirizzato gli inquirenti verso la pista sarda. Per questo, fin dalle ore immediatamente successive alla rapina sulla Variante, è probabile che gli inquirenti si siano concentrati sui movimenti registrati negli ultimi mesi dalla Sardegna e la penisola. L’ipotesi più probabile è che la banda fosse composta da persone che non risiedono in Toscana, ma è altrettanto ipotizzabile che l’azione si sia concretizzata con l’aiuto di chi questo territorio lo conosce bene. Dunque un basista. O comunque qualcuno in grado di garantire informazioni preziose per l’organizzazione del colpo: il restringimento della carreggiata della Variante Aurelia in direzione sud si è rivelata come un’opportunità per i banditi che difficilmente si poteva cogliere senza una conoscenza profonda del territorio scelto per l’azione. Così anche per la fuga che, in tempi rapidi, ha permesso ai banditi di disfarsi delle auto “sporche”, di salire in mezzi puliti e di raggiungere quindi posti sicuri dove mettersi al riparo e nascondere il bottino.
La fuga e il bottino I banditi hanno lasciato molto rapidamente il tracciato della variante e si sono diretti verso zone meno battute all’incrocio tra le province di Livorno, Pisa e Grosseto. Poco trafficate e per larga parte al buio da telecamere. Il denaro rubato potrebbe essere stato nascosto proprio in queste zone, come ha ipotizzato lo scrittore Roberto Saviano, secondo cui i contanti verrebbero tenuti fermi in qualche bunker, per poi essere recuperati dopo diversi giorni, trasportati in Sardegna con varie tecniche di trafugamento e infine investiti nel traffico delle sostanze stupefacenti.
La terza auto Dopo le due Volvo, è stata ritrovata anche la terza auto, una Volkswagen Tiguan rubata a un medico di Orbetello e usata per la fuga dai rapinatori.