La Nuova Sardegna

Uno sguardo al passato

Dal Papa che respinse Attila al Papa «socialista»: i quattro Leone famosi nella Chiesa

di Enrico Carta
Dal Papa che respinse Attila al Papa «socialista»: i quattro Leone famosi nella Chiesa

Tra i predecessori alcuni di coloro che scelsero quel nome sono stati al centro di importantissimi avvenimenti storici

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Roma Da Francesco I a Leone XIV. Se Jorge Mario Bergoglio scelse un nome di rottura rispetto alla storia secolare della Chiesa di Roma, Robert Francis Prevost ha invece optato per uno assai ricorrente tra coloro che hanno avuto l’onore di salire al soglio pontificio. I Leone, nel lungo cammino del cattolicesimo, sono stati sino a ieri tredici e si può ben dire che i più famosi siano proprio il primo e l’ultimo che vollero fregiarsi di quell’appellativo. In mezzo, tra altri Leone più o meno dimenticati, ve ne sono poi altri due, Leone III e Leone X, che un ruolo importante nelle vicende storiche dell’Europa e dei suoi fedeli l’hanno avuto.

Leone I, detto anche Leone Magno, è il Papa che andò incontro al re degli unni Attila e al suo esercito ed è passato alla storia per il famoso episodio del 452 che si perde nella leggenda. Secondo il racconto che di storico ha poco, avrebbe messo in fuga il condottiero salvando da una nuova invasione di popolazioni barbariche Roma e l’impero, che però era ormai avviato verso la sua dissoluzione, col crollo che sarebbe avvenuto comunque poco meno di tre decenni più tardi nel 476. La narrazione agiografica vuole che Leone Magno avesse mostrato la croce sollevandola verso il cielo e che Attila, al solo vederla, avesse deciso di ordinare il dietro front ai suoi uomini per tornare a casa. È assai più rispondente a quel che accadde realmente, che invece il re degli unni fosse stato ricoperto d’oro e quindi avesse percorso al contrario la strada da cui era arrivato per tornare soddisfatto nelle proprie terre. Papa Leone Magno faceva infatti parte dell’ambasciata che si recò nel nord Italia, forse a Governolo, per trattare con Attila.

Leone III fu invece il successore di Pietro che la notte di Natale dell’800 incoronò il re dei franchi Carlo Magno nella basilica di San Pietro, ben diversa da quella che oggi conosciamo, e ne fece l’imperatore del Sacro Romano Impero. Questo gesto dimostrò quasi subalternità del potere religioso rispetto a quello tutto terreno rappresentato dal sovrano. Del resto Carlo Magno aveva anche protetto Leone III quando questi, scampato a un attentato orchestrato da fazioni della nobiltà romana opposte alla sua, si rifugiò a Paderborn, nell’attuale Germania, dove il futuro imperatore risiedeva allora. Al suo ritorno a Roma, Leone III fu scortato proprio da Carlo Magno e dal suo esercito per cui l’incoronazione fu vista quasi come un atto obbligato e subito dal Santo Padre.

Leone X fu invece il Papa che affrontò il più grande scisma della Chiesa cristiana in epoca moderna. Giovanni, secondogenito di Lorenzo de’ Medici signore di Firenze detto Il Magnifico, fu scelto quale successore di Pietro il 19 marzo del 1513. Dopo aver accordato all’arcivescovo di Magdeburgo, Alberto di Hohenzollern, il privilegio di dispensare le indulgenze in cambio di denaro affinché potesse restituire ai banchieri Fugger i 10mila ducati ricevuti e inviati a Roma per il completamento della basilica di San Pietro, diventò il bersaglio delle tante critiche che alla Chiesa in quanto istituzione venivano rivolte per via dell’esagerato mercimonio, di comportamenti non sempre fedeli ai dettami delle scritture e per il fatto che si occupasse di affari troppo mondani e poco spirituali. La concessione fatta ad Alberto di Hohenzollern suscitò infatti le ire del monaco Martin Lutero che nel 1517 affisse le sue tesi contro la chiesa di Roma sul portale della chiesa di Ognissanti di Wittenberg (così vuole la narrazione), aprendo quindi il conflitto che avrebbe portato alla separazione tra cattolici e protestanti.

Infine Leone XIII, Papa dal 1870 al 1903. Fu colui che portò per la prima volta la chiesa romana al di fuori delle mere questioni teologiche e della sopravvivenza di quel poco che ormai rimaneva del vecchio Stato Pontificio. Attraverso l’enciclica Rerum novarum fu il primo a occuparsi di temi sociali, di diritti, di lavoro e dell’impatto delle innovazioni – tecniche e politiche – sulla vita dell’uomo, ponendo i fondamenti per la dottrina sociale della chiesa cattolica. All’epoca si disse addirittura che il Papa era diventato socialista. In realtà l’enciclica deve essere vista come un tentativo di mediare tra le aspirazioni aggressive del capitale e dei “padroni” che tendevano sempre più all’arricchimento sfrenato con le istanze della gran parte della popolazione, riprese e rese globali per l’appunto dalla filosofia politica socialista, che guardava alle sofferenze di masse di lavoratori e alle loro condizioni di vita precarie e sfruttate. Se la scelta da parte di Robert Francis Prevost è un riferimento proprio al suo ultimo predecessore che scelse per nome quello di Leone, forse si può ipotizzare un pontificato in cui i temi sociali dell’uguaglianza e del cambiamento saranno ancora una volta in primo piano. Non troppo distante in fondo dal solco tracciato da Papa Francesco. Sarà il tempo a chiarire tutto.

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