Il delitto di Cinzia Pinna, la criminologa: «Ragnedda non è un mostro ma un uomo distrutto dalla droga» – Leggi l’intervista
Chiara Camerani: «Le ha sparato in faccia, un gesto di rabbia e non di paura. Lui un narcisista, abituato ad esercitare potere»
Sassari C’è chi parla di un mostro e chi di una vittima. Nell’intervista rilasciata alla Nuova sull’omicidio di Cinzia Pinna da parte di Emanuele Ragnedda, Chiara Camerani (psicologa, specializzata in criminologia e psicopatologia sessuale li chiama “persone alterate”. Una coppia che si specchia nelle stesse fragilità: lui, l’imprenditore narcisista e cocainomane; lei, la ragazza sola e con problemi legati alla droga. Due vite sregolate. Da una parte l’ego, dall’altra la vulnerabilità. Due solitudini che si urtano nella notte, e in quell’urto si compie l’irreparabile. Un colpo al volto, come a cancellarlo. Il gesto più personale e più feroce.
Da quella traiettoria parte l’analisi di Chiara Camerani: «Sparare al viso è un atto di rabbia, non di paura». E ancora: «Quello che vedo è un uomo sopra le righe, non un violento abituale. I dati che abbiamo suggeriscono un uomo narcisista, abituato al consenso e alla posizione di potere: giovane, ricco, amante delle donne, con comportamenti sopra le righe. Non emerge un precedente di violenza abituale, ma il mix di personalità e uso di sostanze può rendere imprevedibile il suo agire». Il ruolo delle droghe nella vicenda: quanto può aver influito? «Molto. L’uso confermato di cocaina altera percezioni, controllo degli impulsi e capacità di interpretare le intenzioni altrui».
--- L’intervista completa e la ricostruzione dell’omicidio sull’edizione cartacea in edicola e su quella digitale del 14 ottobre QUI ---