Non fu una truffa sentimentale: assolta una escort di 30 anni
La donna era accusata di essersi fatta dare in maniera fraudolenta 120mila euro da un ingegnere sassarese 60enne
Sassari La Procura aveva chiesto la condanna a due anni di reclusione e duecento euro di multa, per quella che aveva definito una vera e propria “truffa sentimentale”. La richiesta del pubblico ministero Antonio Piras nei confronti di una escort di 30 anni, accusata di aver ingannato un ingegnere sassarese sessantenne che si era innamorato di lei, non è stata però accolta dal tribunale.
La donna, difesa dall’avvocato Franco Mario Fois, è stata assolta dal giudice Monia Adami con formula piena. L’imputata, secondo l’accusa, avrebbe approfittato del forte sentimento che l’ingegnere provava nei suoi confronti per farsi dare 120mila euro («donazioni», le aveva definite il professionista) per curare in Romania tre tumori. Se non lo avesse fatto sarebbe morta. In mezzo ci sarebbero stati regali costosissimi, borse di marca, profumi, biglietti aerei. Persino una Mercedes, «perché aveva necessità di spostarsi in Romania per sottoporsi alle cure» aveva spiegato lui in aula. Dall’altra parte il racconto reso dalla giovane escort, “dichiarata”, con tanto di profilo accompagnato da foto e pubblicato su un sito di annunci “specializzato”. «Lo facevo proprio per potermi curare – si è sempre difesa lei – E lo facevo anche con lui». «Io non sapevo che svolgesse l’attività di meretricio – aveva detto l’uomo nella denuncia – l’ho scoperto navigando su internet. E non appena mi sono accorto che la nostra relazione non era frutto di un sentimento sincero l’ho interrotta».
E ha presentato denuncia. L’origine della storia – che risale al 2021 – è diversa a seconda di chi la racconta. Per la donna i due si sarebbero incontrati attraverso un sito di appuntamenti dove lui l’aveva contattata. Per l’uomo, invece, si sarebbero conosciuti al supermercato.
E da quel momento avrebbero iniziato a frequentarsi e sarebbe nata una relazione durante la quale il 60enne si sarebbe sentito in obbligo di aiutarla donandole dei soldi che sarebbero serviti ad affrontare le operazioni. Come prova, lei gli avrebbe mostrato una mail in lingua romena dalla quale si intuiva che avesse effettivamente tre tumori. La 30enne, però, non ha mai chiesto direttamente il denaro: «Mi sono sentito spinto ad aiutarla, viste le sue difficoltà economiche. Quasi settimanalmente le inviavo bonifici». A un certo punto i rapporti si erano interrotti. «Quando ho realizzato che si prostituiva ho iniziato ad avere seri dubbi sulla nostra relazione».
«Lui era un cliente abituale – aveva sostenuto invece l’imputata durante il processo – e abbiamo iniziato a frequentarci al di là del lavoro, mi ero affezionata, era pieno di premure e mi faceva molti regali».
Poi la scoperta della denuncia: «A un certo punto si allontanò dicendomi che era tornato con la compagna e non ci sentimmo più. Un giorno arrivarono a casa i carabinieri e appresi che avrei dovuto affrontare un processo». Per il giudice però non ci fu alcuna truffa e la donna è stata ritenuta innocente L’ingegnere si era costituito parte civile con l’avvocato Pietro Diaz.