Insulti, botte, calci e minacce: condannato a tre anni di carcere
Incubo in un paese del Marghine. Sentenza per un 51enne che maltrattava la compagna davanti al figlio
Oristano Anni di maltrattamenti e botte in un clima di alcolismo: è la tragica condizione vissuta da una donna che, per tanto tempo aveva sofferto in silenzio, senza trovare il coraggio di denunciare, ha portato alla condanna del suo ex a 3 anni di reclusione. La vicenda, ricostruita davanti ai giudici del collegio del Tribunale di Oristano (presidente Silvia Palmas) racconta di anni di angherie a suon di insulti, botte, calci, minacce di strangolamento e un controllo ossessivo che annullava la libertà della compagna. Il tutto in un contesto di abuso di alcol cronico. È questo il drammatico quadro di violenze domestiche per il quale un uomo di 51 anni, originario del Cagliaritano ma residente in un paese del Marghine, è stato condannato a tre anni di carcere. Un verdetto che chiude una vicenda segnata da gli abusi che avvenivano spesso sotto gli occhi del figlio in tenera età. La sentenza è arrivata al termine di un processo che ha seguito un decreto di giudizio immediato, una procedura che indica come il giudice avesse accertato la chiarezza e la solidità delle prove raccolte, permettendo di saltare l’udienza preliminare e arrivare più rapidamente al dibattimento.
Il pubblico ministero Silvia Mascia aveva inizialmente richiesto una pena superiore di tre mesi da quella decisa dal Collegio. Le indagini e le testimonianze hanno ricostruito un calvario fatto di continue scenate di gelosia, anche verso i legami più stretti della donna, non solo il figlio minorenne dunque, ma spesso anche alla presenza della sorella. L’uomo l’avrebbe apostrofata con epiteti umilianti, sfondato mobili e porte, e si sarebbe reso protagonista di aggressioni fisiche brutali: strattoni, spintoni, calci alle gambe e, in un episodio particolarmente agghiacciante, mani al collo, costringendo la vittima a cercare rifugio disperatamente, ad esempio chiudendosi in bagno, fino all’arrivo delle forze dell’ordine. La presenza costante del bambino durante questi episodi ha aggravato ulteriormente la posizione dell’uomo, che era già sottoposto agli arresti domiciliari. La difesa, dell’imputato, affidata all’avvocato Luciano Rubattu, non è bastata a evitare la condanna, pur ridotta rispetto a quanto chiesto dalla pubblica accusa.